Inca
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L’Impero Inca, nel XV secolo, poco prima della conquista europea del Nuovo Mondo, occupava una vasta area sulla costa occidentale del Sudamerica, che comprendeva il Perù, l’Ecuador, la Bolivia, il Cile, l’Argentina nordoccidentale. Il nome (in quechua, la lingua parlata dalla popolazione, inca significa "re", "imperatore"), che designava i sovrani dell'impero inca, passò poi a indicare anche i suoi sudditi e in termini archeologici si riferisce a una specifica cultura e civiltà precolombiana.
Gli inca costituivano originariamente una tribù guerriera che abitava le regioni degli altipiani nel sud della cordigliera peruviana. Secondo la leggenda, il primo imperatore, Manco Capac, era stato mandato sulla Terra dal padre, il Sole, intorno al XII secolo dell'era cristiana e si era stabilito a nord del lago Titicaca (dove sorge Cuzco): qui per circa trecento anni gli inca si scontrarono con le tribù vicine – i chanca, i colla, i lupaca e altri – imponendo e subendo razzie e tributi, ma senza dar vita a un vero e proprio regno.
Indice |
L'espansione dell'impero
La nascita dell'impero inca, sulla spinta di una notevole espansione del territorio controllato dai suoi guerrieri, iniziò durante il regno dell'ottavo sovrano, Viracocha, vissuto all'inizio del XV secolo, e fu proseguita sotto suo figlio Pachacuti fino alla conquista dell'intero bacino del Titicaca. Attorno al 1437 i possedimenti inca si estendevano per quaranta chilometri oltre l'area di Cuzco, inglobando i territori dei mochica, dei nazca, degli huari, popolazioni assoggettate dalle quali gli inca assorbirono pratiche agricole, cultura e religione. Il figlio di Pachacuti, Topa, arrivò a sottomettere, a nord, il potente regno costiero dei chimú, ancor prima di salire al trono nel 1471, quando cominciò a spingersi invece lungo le Ande meridionali.
Le lotte dinastiche
Nel 1525, sotto il regno di Huayna Cápac, succeduto a Topa nel 1493, l'impero comprendeva le terre dall'attuale Colombia meridionale, attraverso gli odierni Ecuador, Perú e Bolivia, fino a Cile e Argentina: 300 chilometri in longitudine e 3000 in latitudine, con oltre dieci milioni di sudditi. Alla morte di Huayna Cápac, nel 1527, si scatenò una durissima lotta per la successione tra i suoi figli, Huáscar e Atahualpa, padroni l'uno dei territori meridionali dell'impero, con capitale Cuzco, e l'altro di quelli settentrionali, con capitale Quito, fondata dal padre proprio per far fronte alle difficoltà di amministrare gli ampi domini del Nord. Ne uscì vincitore Atahualpa, che fece uccidere il fratello, ma che tuttavia non riuscì a farsi riconoscere imperatore.
La conquista spagnola
La guerra civile aveva indebolito fortemente l'impero, che diventò facile preda dei conquistadores spagnoli giunti nel 1532 sotto il comando di Francisco Pizarro. Di fatto gli inca non opposero grande resistenza, convinti della natura divina degli invasori e vittime della struttura fortemente centralizzata dell'impero, per cui Pizarro poté ottenerne il pieno controllo semplicemente catturando Atahualpa: questi offrì una stanza piena d'oro come prezzo del proprio riscatto, ma nonostante ciò nel 1533 venne fatto strangolare. La struttura dell'impero inca sopravvisse tuttavia ancora per qualche tempo in coabitazione conflittuale con la struttura amministrativa creata dagli spagnoli in Perù fin dal 1535. Sul trono si succedettero gli inca Manco Capac II (1536-1545), suo figlio Sayri Tupac (1545-1560) e Titu Cusi (1560-1571). Il successore di quest'ultimo, Túpac Amaru, quando ormai lo splendore e la potenza d'un tempo erano un ricordo, effettuò un estremo tentativo di ribellione contro gli stranieri oppressori, ma, catturato, venne impiccato nel 1572. Privo ormai di un capo, l'impero si sgretolò rapidamente, benché numerosi continuassero a essere i tentativi di insurrezione nei confronti dei conquistatori, che tuttora, pur in forme nuove, contrappongono in America latina indios a creoli, non a caso talvolta ancora in nome di Túpac Amaru.
Società
Gli Incas svilupparono un sistema politico e amministrativo che non ebbe uguali tra le civiltà precolombiane del continente americano. L'impero si reggeva su un sistema di potere rigidamente gerarchico, basato a sua volta sull'attività militare dell'aristocrazia e sullo sfruttamento delle masse agricole sottomesse. Il sovrano, chiamato sapa-inca (imperatore sacro), era ritenuto l'incarnazione del dio supremo, il Sole (Inti), ed era signore di ogni cosa; nelle rare occasioni in cui si mostrava al popolo, trasportato su una lettiga ornata di metalli preziosi e piume di pappagallo, era preceduto da servitori che spazzavano la strada e da soldati con armature placcate d’oro e d’argento; tutto ciò che il sapa-inca toccava diventava tabù e non poteva essere riutilizzato né toccato: una volta all’anno veniva bruciato e disperso al vento. Nella gerarchia, sotto l’imperatore vi erano i membri della sua famiglia e quelli dell'aristocrazia militare, i sacerdoti, gli amministratori imperiali, la piccola nobiltà locale e infine la grande massa di artigiani e contadini, spesso soggetta a trasferimenti forzati per recidere ogni legame con i luoghi d'origine e ridurre al minimo la possibilità di rivolte organizzate. Per marcare le differenze sociali, gli Incas utilizzavano anche gli abiti, che erano di tre tipi. Gli awaskas erano utilizzati da artigiani e contadini in ambito domestico. I qunpis per gli uomini qunpikamayuq (portatori di buoni vestiti) erano usati come moneta di scambio e regalo ai politici alleati, per siglare un’alleanza e adornare i governanti. Infine, i qunpis tessuti dalle aqllas (ragazze vergini del tempio del dio Sole), di qualità migliore rispetto a tutti gli altri, venivano adibiti solo a uso reale e religioso. Le diverse etnie all’interno dell’impero inca si distinguevano in base al copricapo che indossavano e alla forma del cranio, dovuta alla pratica di deformazione attuata sui neonati, le cui teste venivano fasciate per modificarne la forma senza alcun danno al cervello.
Amministrazione ed economia
L'intero dominio era diviso in quattro grandi regioni (il nome dell'impero in lingua quechua era Tahuantinsuyu, letteralmente "terra dei quattro quartieri"), a loro volta ripartite in province, e in un sistema decrescente di unità socioeconomiche, sino alla proprietà familiare conosciuta come ayllu, che costituiva l'unità terriera di base minima. Lo sfruttamento degli ayllu avveniva sotto lo stretto controllo dell'autorità centrale; esperti incaricati dal governo supervisionavano la selezione e la semina delle messi, e insegnavano ai contadini le tecniche di drenaggio, fertilizzazione, irrigazione e terrazzamento. I sistemi di terrazzamento, appresi dagli Incas dalla civiltà degli Huari, consentivano di aumentare la superficie coltivabile e di contrastare l’erosione del terreno dovuta agli agenti atmosferici. Gran parte del raccolto, costituito principalmente da patate e mais, veniva requisita per le esigenze della famiglia imperiale o immagazzinata in vista di distribuzioni pubbliche in casi di emergenza o di bisogno. I lama erano utilizzati come bestie da soma, mentre gli alpaca venivano addomesticati e allevati principalmente per ricavare la lana. Gli artigiani inca producevano ceramiche, tessuti, ornamenti di metallo, utensili in bronzo e armi con belle decorazioni. La civiltà inca non conobbe né l'uso della scrittura né quello della ruota; per mantenere i contatti tra le diverse parti dell'impero le autorità si affidavano a una fitta ed efficientissima rete di strade in pietra, costantemente percorse da squadre di corrieri capaci di coprire quotidianamente anche più di 400 km. La registrazione di truppe, forniture, dati sulla popolazione, inventari diversi era tenuta dai funzionari imperiali (quipu-kamaya, ossia "maestri delle cordicelle") sui quipu, gruppi di cordicelle di differenti colori legate tra loro con speciali nodi.
Religione
La religione inca era il frutto della fusione di tre matrici culturali diverse: la civiltà di Tiahuanaco, quella propriamente inca e quella delle tribù costiere Mochica e Chimú. Vi convivevano quindi tre divinità supreme: una era il dio-bambino Viracocha ("schiuma del mare"), inconoscibile, creatore e sovrano di tutti gli esseri viventi, del sole, della luna e delle stelle; un altro dio era Pachacamac, dio della Luna, in tutto simile all'uomo. Il terzo era Inti, il Sole, creatore degli incas, sposo di mama Quilla (mamma Luna) e padre, oltre che di Manco Capac (l'uomo potente), anche di mama Oello (mamma Uovo), sua sorella e moglie. La leggenda narra che Manco Capac e mama Oello erano partiti dal Titicaca e con una bacchetta d'oro consegnata loro dal padre Inti avevano fissato il punto in cui si sarebbero stabiliti, e lì sorse Cuzco; gli inca-sovrani erano perciò ritenuti discendenti del Sole e divinità a loro volta. Il pantheon comprendeva comunque anche altre divinità (huaca) particolari, di tipo animista, che ricordano l'antica religione latina, che attribuiva un dio a ogni singolo elemento della natura, a ogni villaggio, clan e famiglia. Cerimonie e rituali erano numerosi e molto elaborati, connessi primariamente con i cicli agricoli e la cura della salute; nel corso del loro svolgimento venivano sacrificati animali vivi (i sacrifici umani erano meno frequenti). Le feste più grandi cadevano ai due solstizi: le Intip Raymi, in onore di Inti, si protraevano per otto giorni. Del ricco insieme di usanze, narrazioni e musiche inca sopravvivono oggi solo scarsi frammenti. Alle civiltà assoggettate dall’impero era permessa l’adorazione dei loro dei ancestrali a condizione che accettassero la supremazia di Inti. Gli Incas credevano nella reincarnazione. Coloro che obbedivano al codice morale, ovvero “non essere né ladrone, né bugiardo”, andavano a vivere nel regno del dio Sole, gli altri erano costretti a trascorrere in eterno i loro giorni sulla fredda terra. Praticavano anche la mummificazione dei personaggi più illustri, dotando le mummie di oggetti che sarebbero stati utili al raggiungimento della patarina, la destinazione finale, dove avrebbero potuto conversare coi loro antichi antenati, gli huacas.
Mitologia
Gli Incas suddividevano la storia del mondo in cinque fasi. La prima durò ottocento anni ed era simile all'età dell'oro della mitologia classica: gli uomini non morivano e non uccidevano, erano nomadi, vivevano nelle caverne, si coprivano con le foglie degli alberi e lottavano con i giaguari e gli orsi; adoravano un solo dio, Viracocha. La seconda età durò mille e trecento anni: durante questa fase ebbero inizio la coltivazione della terra e lo sfruttamento ordinato delle acque; gli uomini vivevano in abitazioni simili a fornaci e si coprivano con pelli di animali; adoravano un solo dio, il fulmine sovrano del cielo e della Terra, in tre persone, Illapa padre, figlio e figlio minore. La terza età del mondo durò 1132 anni: gli uomini si moltiplicarono, costruirono case di pietra col tetto di paglia e formarono popolazioni governate dai re e dalle leggi e difese dai guerrieri e dalle guerre; migliorarono le tecniche di irrigazione, allevarono lama e alpaca e svilupparono le tecniche di tessitura e tintura dei tessuti; adoravano il signore del cielo, Pachacamac. Alla terza età del mondo e all'eccessivo sviluppo numerico della popolazione terrestre pose fine una terribile epidemia. La quarta età del mondo ebbe una durata di mille e cento anni: fu caratterizzata da periodi di espansione e di conquista, conclusi da periodi di pace e prosperità, durante i quali gli inca svilupparono la coltivazione di mais e patate. La quinta età del mondo, l'età destinata all'affermazione dell'impero inca, era ancora in corso al momento dell'invasione spagnola.
Il tempo e il calendario
Tra gli inca, il tempo veniva misurato attraverso le fasi della Luna. L'anno, di 360 giorni, era suddiviso in dodici lune di trenta giorni ciascuna. I quattro giorni dei solstizi e degli equinozi coincidevano con le feste più importanti del calendario inca, dedicate al dio Inti; i solstizi venivano segnalati a Cuzco mediante pilastri appositi. Le dodici lune del calendario venivano scandite da festività minori, corrispondenti all'inizio di diverse fasi della vita agricola.
Medicina
Gli Incas fecero molte scoperte in campo medico. Curavano le ferite con pezzi di corteccia di un albero di pepe; utilizzavano l’urina per calmare la febbre e le foglie di coca per attenuare la fame e il dolore (recenti studi effettuati dagli studiosi Sewbalak e Van Der Wijk della Erasmus University hanno dimostrato che essi non erano dipendenti da tale sostanza). I chirurghi erano in grado di amputare gli arti e praticavano con successo la trapanazione del cranio.
Arte
La politica assimilazionistica degli Incas è evidente nello stile artistico, che fonde modi e forme delle culture assoggettate in uno stile standard riprodotto e diffuso in tutto l’impero, caratterizzato dalle forme geometriche semplici e astratte e dalle rappresentazioni stilizzate degli animali. Le sculture pseudo-naturali, le cui forme artificiali si riconoscono solo con una particolare luce del sole, mostrano sia il rispetto degli Incas verso la natura sia il loro dominio su di essa. Le ceramiche, utilizzate per fini pratici, riportavano decorazioni che ci permettono di apprendere delle informazioni sulla vita e la cultura della civiltà: per esempio, il fatto che i nobili portassero una lancia. Gli Incas realizzarono inoltre degli splendidi oggetti in oro e altri metalli preziosi applicando uno stile di lavorazione che avevano appreso dai Chimù, ma, a differenza di questi ultimi, sembra che considerassero gli abiti pregiati più preziosi di tali metalli. L’architettura rappresenta la più importante arte inca, in quanto gli edifici venivano edificati con un processo di costruzione “a secco”, appreso dai Tiwanaku. Infatti, le rocce usate erano lavorate per incastrarsi insieme perfettamente sovrapponendo ripetutamente una pietra sull’altra e scavando alcune parti della pietra inferiore, ciò rendeva inutile l’uso della malta per legare i mattoni e conferiva alle costruzioni una straordinaria resistenza e stabilità